Lo soffia il cielo, così

Tekst from the catalogue by Saretto Cinicinelli

The repetition of a motif, akin to the technique of embroidery, which Connie Dekker has always favored, is never exhausted in her work or in an individual piece, but like an echo tends to diffuse through the exposition space to “embroider” it.

On this occasion, although the artist uses performance rather than embroidery, her figures continue to refer back to themselves, as in a mirror trick, giving life to a kind of choreography that is silent but capable of captivating, for a moment, the chaos of the world in a sort of fluctuating white arabesque.

On the day of the inauguration, the white clothing, now installed in the grotto to evoke the performance through its absence, was worn by young women, more apparitions than characters, who moved without apperent direction amidst the olive trees on the lawn that surrounds the second outer wall of the fortress, holding large, white balloons that seems poised to lift them off the ground with the strength of their poetry.

Each balloon held a written word, and each series formed a phrase: variations on the theme of waiting and absence, drawn from the contributuon of five Dutch poets requested by the artist, on an example of Baudelaire.

It is a multifaceted performance for individual figures, each of which seems to offer itself as a double of another, apparitions of a repeated singularity that was reflected in the graphic and conceptual elaboration of poetic words that were both repetitive and divere, destined to be blown away to heaven.

Some notes on the title of the performance by Connie Dekker:

The title of the performance is the second part of the refrain of the song sung by the dustman in the short film “Che cosa sone le nuvole?” by Pasolini. The dustman was interpreted by popular singer Domenico Modugno. Pasolini wrote the lyrics of the song inspired by lines in Othello.

The refrain of the song is ‘Tutto il mio folle amore, lo soffia il cielo, lo soffia il cielo, così’ (‘All my crazy love, heaven blows it, heaven blows it, thus’), which is a rephrasing of Othello’s

 

‘All my fond love thus do I blow to heaven’

Balloon poetry inspired by Baudelaire:  F. van Dixhoorn, Melle Hammer, K. Michel, Hans Kloos, F. Starik

Testo del catalogo, Saretto Cincinelli

Connie Dekker affida il suo intervento a una performance dhe si consuma il giorno stesso dell’inaugurazione ma di dui restano tracce consistenti in una grotta. Quest’ultima serviva come scabro spogliatoio dell’installazione, accoglie ora un grande specchio che, vero e proprio perno dell’installazione, moltiplica con il suo riflesso i disabitati costumi di scena realizzati dall’artista Olandes, così come un monitor, sorta di specchio dotato di memoria, duplica e l’è stato dell’evento performativo, collocandolo in un presente trascorso.

La repetizione di un motivo, consustanziale alla tecnica del ricamo, da sempre prediletta da Connie Dekker non si esaurisce mai, all’interno del su lavoro, in un singolo pezzo ma tende, come un’eco, a diffondersi nello spazio espositivo per ‘ricamarlo’.

Anche in questa occasione, sebbene, l’artista non ricorra al ricamo ma alla performance, le sue figure continuano a richiamrsi, come in un gioco di specchi, dando vita ad una sorta di coreografia silente ma capace di incantare, per un attimo, il caos di mondo in una sorta di bianco arabesco fluttuante.

Nel giorno dell’inaugurazione i candidi vestiti, ora installati nella grotta, ad evocazioni più che personaggi, che si muovevano , senza un’evidente regia, tra gli olivi del prato che circonda la seconda cinta di mura della rocca, trattenendo palloncini bianchi di grandi dimensioni, che sembravano sul punto di sollevare da terra con la forza della poesia.

Ogni pallone ospitava una scritta e ogni serie formava una frase: variazioni sul tema dell’attesa e dell’assenza, scaturite dal contributo di alcuni poeti olandesi sollecitati dall’artista, su un esempio di Baudelaire; una performance plurale per figure singole, ognuna delle quali, sembrava proporsi come un doppio dell’altra: apparizioni di una singolarità ripetuta che si rifletteva nell’elaborazione grafica e concettuale di parole poetiche, ad un tempo ripetitive e differenti, destinate a dispendersi nel cielo.